ECCO PERCHÉ ESISTE IL NOSTRO SODALIZIO: con il ritorno della neve anche la bella e buona musica non è più "solo un ricordo" perché è realtà dando una casa al mandolino...
Come i pulcini all´apparire del falco, corrono a rannicchiarsi sotto le ali della chioccia, così le case di Ripa si stringevano le une alle altre, intorno al campanile, per parare l´attacco della bufera che un vento gelido precipitava giù dalla Maiella e spingeva su per la valle dell´Ingotte.
S´udiva lo sbattere delle persiane il gemito degli alberi, i richiami delle mamme ai figli intenti al gioco, il serrare degli usci, il miagolìo di un gatto sorpreso a caccia sui tetti... poi la neve: rabbiosa, pungente, accecante, assillante.
Nella piazza era tutta una sarabanda fatta di sibili, di rami spazzati via, di foglie secche trascinate in vortice e di neve, tanta neve, che picchiava rumorosa sui vetri, sulle pareti e rimbalzava senza trovare riposo, risospinta dal vento sempre più furente. Eppure in mezzo a questo frastuono fatto di vento e dal vento, s´udiva un qualcosa di dolce, di caldo: una musica ora allegra, ora triste, ora appassionata, che veniva dal "SALONE" là, alle spalle di "Fontana Irma".
Il Salone: due specchi ad una parete, due poltrone, pettini, spazzole, rasoi, "mechenette", (macchinette taglia capelli) la scatola della cipria, il flacone del profumo, la "strappo", e intorno ancora uno stipetto per le tovaglie e tante sedie di paglia ben allineate contro le pareti; al centro il braciere e sul treppiede "a cekkueletere", ((contenitore di stagno) con l´acqua calda per la barba dei clienti di riguardo.
Il violino di Claudio "Ndenejelle" e di Nicola "Pempilie", il violoncello di Alceste ed il contrabbasso di Gigi "Kokole", il mandolino di Ildo Tartaglia, la chitarra di "Kole zappe", gli strumenti di tanti altri: di Guido "du mejesctre", di Peppino "du refece", di Italo "da poscte", di Antonio "delevike", di Michelino "ferille" che si alternavano ai primi e spesso si fondevano con essi, creavano un´atmosfera che faceva scordare la bufera incalzante, le preoccupazioni della vita.
"Speranze perdute, Serenata Silvestri, Firenze sogna, Ciribiribin, Chitarra romana, Tango delle capinere, Ferriere, Rimpianto...." E i minuti, le ore, passavano, scorrevano con delicatezza.
Il vento si fermava estatico fuori la porta, il suo impeto scemava, cadeva: e la neve gli teneva compagnia scendendo lenta, a fiocchi larghi, e si posava, addolcita, sulla piazza, sui tetti, sui fili. I passeri usciti dal loro rifugio si mettevano in ascolto sulla ringhiera della fontana; la sera arrivava a passi felpati; il paese tranquillizzato, riposava sotto la coltre, accarezzato dalle dolci melodie....
E la musica continuava fino a quando lo strappo di una corda, l´ora avanzata, non faceva chiudere gli strumenti nelle custodie.
"Nzépune" (insapona) diceva allora Claudio al ragazzo: e il primo cliente pigliava posto sulla poltrona, e poi "Chi ce vè eppresse?", (A chi tocca dopo?) e così fino a quando erano tutti serviti.
Ciocche di capelli in un angolo, una corda rotta, il fuoco spento, il camice bianco appeso dietro la porta, lo scatto della serratura........le orme chiare, nitide, ma ben presto ricoperte dai soffici fiocchi.....
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Gli inverni sono mutati, la neve quasi del tutto scomparsa.
Io credo che i candidi fiocchi, le ruggenti bufere disertino il nostro paese, perché il "SALONE" non c´è più e la musica, la bella musica, è solo un ricordo.
Nicolino Camposarcuno
(da "IL GAZZETTINO" Maggio 1975)